Chiunque si sia avvicinato al mondo del canto, avrà sicuramente sentito una miriade di termini “specialistici” con azioni annesse: “butta il suono in maschera”, “fai girare il suono”, “affonda la laringe”, “appoggia sul diaframma”, “apri la gola”, “fai come quando sbadigli”, “pensa di vomitare il suono”, “tieni il suono alto”, “sostieni”, e diverse altre decine potremmo scriverne. Non è che vogliamo sparare a zero su tutto, però riteniamo che questa babilonia terminologica vocale crei una confusione estrema e induca gli allievi a commettere più errori di quanti non farebbero se venissero educati con pochi esercizi semplici e pochissime istruzioni molto chiare e non ambigue e astratte. Molti dicono: il canto è più difficile rispetto ai normali strumenti perché qui lo strumento non si vede. Errato: il pianoforte, per esempio, è praticamente tutto chiuso all’interno di una cassa, come l’organo. Ciò che si suona sono i tasti. Ebbene, nel canto noi abbiamo labbra, bocca, denti, lingua; tutte cose che si vedono e che possono, anzi devono essere utilizzate nell’educazione vocale. Tutto quanto non si vede può essere conosciuto per aumentare il proprio bagaglio conoscitivo, ma non è indispensabile.